DELTA DEL PO,  FERRARA E DINTORNI,  ITALIA

Visitare l’Abbazia di Pomposa: consigli e suggerimenti

L’Abbazia di Pomposa ha il fascino misterioso tipico dei luoghi medioevali. Consigli e suggerimenti per organizzare la vostra visita.

Raccontare l’Abbazia di Pomposa significa addentrarsi nei meandri storici di supposizioni e simbolismi che crescono su quella chiamata, un tempo, Isola “Pomposiana” bagnata da due fiumi (il Goro e il Volano) e dal mar Adriatico. Dal latino florido e rigoglioso, non serve molto per capire che, essendo sul Delta del Po, a pochi km da Codigoro e da Comacchio, l’acqua per Pomposa è sempre stata un elemento importante.

Sarà il grande parco intorno, sarà il campanile affusolato e snello, fatto sta che quest’abbazia rientra a pieno titolo in un itinerario alla scoperta del Delta. Prendere parte ad una visita guidata è il miglior modo per capire meglio la storia e saperne di più con consapevolezza.

Facciamo un passo alla volta, cominciamo da qui!

Visitare l’Abbazia di Pomposa Abbazia e Palazzo della Ragione

Fondata dai monaci benedettini, l’Abbazia si distingue per il suo straordinario stile architettonico romanico, con eleganti colonnati, affreschi medievali e un’imponente torre campanaria che svetta maestosa nel cielo.

Datare questa costruzione diventa difficile perché ci perderemmo nella notte dei tempi e delle narrative. Quel che è certo è che, dopo le soppressioni Napoleoniche degli ordini monastici, questo posto venne utilizzato per qualsiasi scopo tranne quello per il quale era stato costruito, tra cui essere una stalla e un magazzino.

Fatto il biglietto alla biglietteria che si trova proprio all’interno del Palazzo della Ragione, si comincia la visita prendendo il breve sentiero che vi porterà alla chiesa.

I grandi restauri del complesso avvennero tra il 1927 e il 1933 con l’obiettivo di far diventare Pomposa un faro culturale nelle terre di bonifica.

Dentro l’abbazia la prima cosa che vi colpirà sarà il riverbero dorato della luce dato dal riflesso del color ocra utilizzato per la maggior parte degli affreschi presenti al suo interno.

La chiesa è piena di simboli e di riferimenti, a partire dal cerchio sul pavimento, simbolo di protezione che rappresenta la ruota dell’anno.  È presente anche la cosiddetta stella pomposiana dipinta su una delle colonne accanto al pulpito sulla sinistra.

Durante i restauri che ho menzionato prima, venne “ricollocata” la Cripta, precedentemente distrutta in epoca Barocca. Si tratta dell’unico elemento non originale e obiettivamente un po’ “fuori posto” rispetto alla grazia di tutto il resto.

Se ci avviciniamo all’altare è possibile notare la parte più antica della pavimentazione realizzata in mosaico con spiccata simbologia antica: i nodi e le foglie.

Nei dipinti, ma anche più nascosti, si trovano diversi animali. Quello che viene definito “il bestiario medioevale” mi piace paragonarlo agli “animali fantastici” potteriani. Effettivamente lo sono, perché ognuno nella sua rappresentazione ha un proprio colore, un proprio simbolismo e un significato ben preciso.

Aguzzate gli occhi perché in uno dei dipinti vicino all’ingresso in basso, sono presenti (in parte) anche i fenicotteri!

Visitare l’Abbazia di Pomposa: il campanile

Ciò che rimane più impresso di tutti è il campanile stretto, lungo e affusolato. Le sue finestre particolari tipiche del periodo Romanico e Gotico, diventano ornamentali anche in epoca rinascimentale. Alto 48 mt fu anche usato come faro.

Pomposa viene fatta “grande” dai benedettini. Questo è chiaro anche per l’utilizzo di quelli che si chiamano “bacini ceramici”: degli spazi in cui venivano inserite ceramiche ornamentali e colorate. Se alzate lo sguardo sia sul campanile, ma anche sulla facciata della Chiesa ne vedrete di diversi tipi.

Salire i suoi 201 gradini per 9 piani è possibile in determinati giorni dell’anno. Il campanile e le attività connesse ad esso vengono gestite dall’ Associazione Buonincontro. Per sapere le date delle aperture potete consultare la loro pagina Facebook.

Visitare l’Abbazia di Pomposa: refettorio, museo e sala del capitolo

La struttura monastica arriva ai giorni nostri con altri ambienti che facevano parte della vita quotidiana. Passiamo attraverso il chiostro per arrivare al refettorio. Questo era il luogo dove i monaci condividevano i pasti giornalieri. Le pareti, adornate con affreschi, testimoniano storie passate, anche se molti sono state danneggiate dalle vicissitudini storiche che hanno coinvolto l’abbazia.

In fondo alla sala due rappresentazioni convergono sul tema della mensa: a sinistra, l’Ultima Cena evangelica, con gli apostoli riuniti intorno a un tavolo circolare, mentre a destra, il miracolo della trasformazione dell’acqua in vino da parte di Guido Abate.

Nella zona che un tempo fu il dormitorio, si trova il Museo Pomposiano. Per accedervi, si devono percorrere due rampe di scale. Questo museo custodisce i reperti più significativi legati alla storia dell’Abbazia, un viaggio attraverso il tempo e la storia del complesso monastico.

Non avere voce in capitolo!!? Vi siete mai chiesti da dove deriva questa frase?

La Sala del Capitolo era il luogo in cui i monaci s’incontravano per la lettura e la riflessione. Se un monaco veniva escluso dal momento di condivisione per i più svariati motivi, venivano lasciate aperte le finestre di modo che potesse ascoltare, ma non partecipare alla discussione. Senza, appunto, avere voce in capitolo.

Visitare l’Abbazia di Pomposa: la musica

Se è vero che la magnificenza delle Abbazie si dimostrava anche dalla bravura del coro, a Pomposa avvenne un fatto che cambiò per sempre la musica e che la fa diventare come oggi la conosciamo.

Qual è l’unico linguaggio che tutti in tutto il mondo conoscono a prescindere da quale lingua parliamo? Il pentagramma e le note musicali.

Al monastero di Pomposa, Guido Monaco comincia a studiare i testi di Pitagora che teorizzavano la diffusione del suono tramite, appunto, la cassa armonica pitagorica. Da questi testi, Monaco, inizia a riprodurre un suo metodo andando a teorizzare l’armonia e la didattica musicale.

Nel 1022 è “autore” di una nuova grammatica: la prima forma di comunicazione internazionale: il pentagramma.

Per omaggiare questa scoperta all’interno dell’abbazia sulla vostra sinistra vedrete una placca nera con sopra scritto l’Inno di San Giovanni. Leggete attentamente perché non si tratta solo di una preghiera da cantare, ma tutte le iniziali delle parole che la compongono corrispondono alle 7 note!

Visitare l’Abbazia di Pomposa: il parco

Il parco dell’Abbazia è semplicemente wow! Un posto in cui poter stare anche tutto un pomeriggio a leggere o semplicemente ascoltare i canti degli uccellini accanto al piccolo laghetto.

Nel parco si trovano i pannelli informativi sull’abbazia che, per una volta, sono diversi da tutti quelli che ho visto in giro! Qui, infatti non è presente la classica foto che scolorisce al sole col tempo, ma uno spazio visivo in cui l’immagine inquadrata è semplicemente la realtà! Il colore evoca l’ocra dei dipinti all’interno della chiesa.

Sparse per tutto il parco sono presenti diverse sculture realizzate da Enrico Menegatti creati con i legni provenienti dal mare. E’ possibile vedere sculture simili anche sulla spiaggia di Lido di Volano e alla Marina di Goro.

Visitare l’Abbazia di Pomposa: bunker e vigneti

Proprio dietro l’Abbazia di Pomposa oltre ad esserci il più bel colpo d’occhio a livello fotografico, farete un salto avanti nella storia. Si passa dal Medioevo alla Seconda Guerra Mondiale in un attimo.

Tra gli ordinati vigneti di uva Fortana, l’uva autoctona del territorio, scorgerete due bunker.

Perché questi due giganti in cemento armato si trovano proprio qui?

Durante l’occupazione, tra gli ordini impartiti ci fu quello di appropriarsi delle grandi chiese dai grandi campanili, utili a posizionare cecchini e vedette per monitorare il territorio dall’alto. Oltre la linea gotica qui venne disegnata un’altra delle linee difensive tedesche, denominata Gengis Khan, che correva lungo il tracciato della Romea vecchia. 

Con il pensiero che gli alleati avrebbero risalito la penisola, i tedeschi costruirono una linea di difesa che la storia poi racconta non essere mai stata utilizzata perché lo sbarco avvenne ad Anzio.

Questi due bunker chiamati in gergo Ringstaad sono particolari nel loro genere perché avrebbero dovuto essere gli unici bunker inamovibili a cui aggiungere la parte superiore armata di un carrarmato. Non solo sono ancora visibili i ganci, ma di fatto inamovibili lo sono per davvero.

Dopo questo salto temporale non resta che regalarsi una degustazione di “vino delle sabbie” del Bosco Eliceo. Il nome, “delle sabbie”, non è casuale, infatti i vigneti crescendo su terreni sabbiosi residui del mare, esaltano la sapidità del vino.

Il Fortana è fortemente collegato al territorio non solo per la tradizione e cultura contadina che era abituata ad utilizzarlo come tonico durante il lavoro nei campi, ma si sposa perfettamente anche la tavola ferrarese. Un rosso rubino che con Anguilla e salame all’aglio è perfetto per sgrassarne il gusto.

Vuoi scoprire itinerari e spunti per scoprire il Delta del Po? Clicca qui sotto per leggerli tutti!

Articolo scritto in collaborazione con GAL Delta 2000.Leader Mis.19.2.02.14B.4 DESTINAZIONE TURISTICA DELTA DEL PO – PSR Emilia-Romagna 2014-2020/25.

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